A volte solo la forma, da lontano, una macchia scura e indistinta. La successiva, idem. Una serie di grumi materici compressi in uno spazio rettangolare. Metto a fuoco meglio, mi avvicino ad una, tento l’ingresso dall’unica porta, il rettangolo contornato, come fossi davanti ad uno specchio. Allora qualcosa mi appare, percepisco la possibilità di fare qualche passo, varcando la soglia. È come immaginavo, o almeno mi pare, inizialmente. Provo un sottile piacere estetico, riconoscendo un certo ordine nella disposizione degli elementi. Alcuni di essi, nel mio vocabolario, sono simboli, biforcazioni del pensiero che, vagando, si stratifica, mentre continuo a guardare. Nella struttura così composta indugio sui rapporti tra i vari componenti del quadro, cerco di dare un significato ai vuoti, a ciò che appare sospeso. Comincio da qui a immaginarmi l’immagine. Per lo meno, mi pare.